Smart working, anche in Italia inizia la rivoluzione

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Lo smart working è una tendenza che si sta consolidando.

Si tratta di una tipologia di lavoro flessibile, volta a incrementare la produttività, conciliando al meglio lavoro e vita privata.

Gli smart workers godono di uguale trattamento economico rispetto agli “insiders” e beneficiano della copertura Inail.

Il principale vantaggio consiste nel non doversi legare a un luogo fisico fisso per lavorare: l’importante è che sia presente una connessione, preferibilmente in wi-fi.

Anche l’orario di lavoro viene gestito autonomamente, purché si raggiungano gli obiettivi prefissati.

Da questo punto di vista, giocano un ruolo cruciale gli strumenti a disposizione del lavoratore, quali le reti mobili di ultima generazione ( 4G e in prospettiva anche 5G ).

In parallelo, un requisito imprescindibile è la connessione casalinga, che serve ad accedere alle applicazioni di lavoro su smartphone, tablet e portatile e deve essere assolutamente performante.

Con l’approvazione della legge sul Lavoro Agile, l’Italia si è messa al passo con in tempi della tecnologia e dei cambiamenti degli stili di vita dando una spinta ulteriore alle aziende che, sempre più, scelgono questa modalità.

Secondo i numeri dell’ Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2017 aumenta del 14% rispetto al 2016 (e del 60% rispetto al 2013) il numero dei lavoratori che godono di autonomia nella scelta delle modalità di lavoro in termini di luogo, orario e strumenti utilizzati: gli smart workers sono ormai 305.000 – l’8% del totale dei lavoratori del campione – e si distinguono per maggiore soddisfazione per il proprio lavoro e maggiore padronanza di competenze digitali rispetto agli altri lavoratori.

Cresce l’adozione dello Smart Working tra le grandi imprese:

il 36% ha già lanciato progetti strutturati (il 30% nel 2016), ben una su due ha avviato o sta per avviare un progetto, ma le iniziative che hanno portato veramente a un ripensamento complessivo dell’organizzazione del lavoro sono ancora limitate e riguardano circa il 9% delle grandi aziende.

Anche tra le Pmi cresce l’interesse, sebbene a prevalere siano approcci informali: il 22% ha progetti di Smart Working , ma di queste solo il 7% lo ha fatto con iniziative strutturate; un altro 7% di Pmi non conosce il fenomeno e ben il 40% si dichiara “non interessato” in particolare per la limitata applicabilità nella propria realtà aziendale.

Lo Smart Working è una realtà, ma quel che si vede è solo la punta dell’iceberg:

sono ancora pochi i progetti di sistema che ripensano i modelli di organizzazione del lavoro e estendono a tutti i lavoratori flessibilità, autonomia e responsabilizzazione.

Eppure, i benefici economico-sociali potenziali sono enormi: l’adozione di un modello “maturo” di Smart Working per le imprese può produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significano 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi.

Per i lavoratori, anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti; per l’ambiente, invece, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno.

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